Alle radici dell’educazione

La parola “educare” dal latino “educere” significa letteralmente “tirare fuori”.

Un tempo il processo educativo era solo imposizione di regole, un trasferimento di norme e comportamenti che erano appresi senza contestazioni o esitazioni.

Le relazioni all’interno della famiglia erano improntate all’ubbidienza e sottomissione, d’altronde la società era fondata su rigidi schemi di potere che escludevano in ogni caso possibili dialoghi o aperture all’interno della struttura  gerarchica costituita.

Con la profonda trasformazione della società anche le relazioni personali sono cambiate, la famiglia ha subito al suo interno una sorta di frammentazione del nucleo originario nel quale i principi e le regole degli adulti rappresentavano coesione e sicurezza. In questo contesto la crisi economica  e il benessere materiale hanno destabilizzato lo stato sociale rendendo le relazioni familiari più precarie e superficiali.

Gli strumenti multimediali hanno pian piano sostituito lo spazio relazionale tra i componenti della famiglia che sono diventati spesso isole di incomunicabilità. La comunicazione come l’educazione è diventata formale, esecutiva, superficiale per mancanza di tempo ma anche di credibilità in un panorama di profonda crisi dei valori.

Nel gruppo dei pari i giovani adolescenti hanno assorbito modelli di comportamento spesso sbagliati o addirittura a rischio, un boomerang per genitori spesso poco presenti qualitativamente sul piano educativo.

La crisi dell’educazione tuttavia rappresenta oggi la sfida al cambiamento. Con una visione più attenta e consapevole delle problematiche giovanili si può avviare  un dialogo e un confronto con  i giovani adolescenti,  conoscendo i loro bisogni e aspettative si potrà far emergere potenzialità, creatività, attitudini, un progetto di vita per il futuro.

Tutto questo è il vero scopo dell’educazione.

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