ASCOLTO… facile a dirsi, difficile a farsi.

Ascoltare vuol dire “trattenersi di proposito a udire attentamente”.

Ascoltare vuol dire, quindi, sospendere le nostre attività per dedicarci ad un’altra persona con un atto volontario.

Ci sono tanti modi di ascoltare ma solo uno è efficace. Ecco di seguito alcune modalità di di ascolto:

Ascolto finto: si tratta di un ascolto “a tratti”, lasciandosi catturare da distrazioni, dall’immaginazione e comunque fidandosi dell’intuito che precocemente cattura le cose “importanti” tralasciando quelle meno importanti. Un ascolto passivo.

Ascolto logico: si attua applicando un efficace controllo del significato logico di quello che ci viene detto. L’attenzione sarà concentrata sul contenuto di ciò che viene espresso ed anche l’interlocutore potrebbe avere l’errata convinzione di essere stato capito.

Ascolto attivo empatico: ci si mette in condizione di “ascolto efficace” provando a mettersi nei panni dell’ altro, cercando di entrare nel punto di vista del nostro interlocutore condividendo le sensazioni che manifesta.  Si tratta di un ascolto comprensivo, non direttivo. Necessita di assimilare il quadro di riferimento dell’interlocutore per comprendere le sue idee e le sue sensazioni.

Saper ascoltare implica anche saper osservare e non aver paura delle pause e del silenzio, ma al contrario rispettarli e utilizzarli per comprendere.

Per promuovere un ascolto attivo è necessario creare un clima cortese, non interrompere, non giudicare!

A cosa serve ascoltare in modo empatico? Riduce le incomprensioni, induce l’interlocutore ad esprimersi a pieno senza timore, è un arricchimento personale ed un sostegno al nostro interlocutore, consente un accompagnamento libero.

“Dio ci ha dotato di due orecchie e di una bocca. Probabilmente voleva che ascoltassimo di più e parlassimo di meno”.

(Armstrong e Lampe, 1983).

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