Attenzione a non dare sempre la colpa all’altro

Nel momento in cui ognuno si trova a vivere una relazione difficile e conflittuale, con molta facilità e superficialità si afferma: “è tutta colpa tua se… mi hai tradito, se le cose non vanno bene, se non mi capisci, se non fai le tue scelte nei miei confronti ecc.

Per non trovarsi in vie senza uscite bisogna partire da se stessi, dalla propria assunzione di responsabilità, dalla propria maturità relazionale. Non è difficile scoprire che molte relazioni intime falliscono per una incapacità personale di mettere in atto un processo di chiarificazione rispetto alle proprie origini.

Una realtà antropologica cristiana afferma: «Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e i due saranno una carne sola» (Mc 10,7). E’ il senso del “lasciare” che spaventa la nostra mente razionale che subito collega all’idea del lasciare il separarsi, abbandonare, a rottura. Ma in seno alla dimensione spirituale il lasciare, spesso tradotto come abbandonare, è inteso come cambiamento di schema mentale rispetto a idee e convinzione apprese dal passato.

Per molti anni introiettiamo e memorizziamo regole e norme, senza una elaborazione personale. Un concetto, una idea, un monito introiettato, la psicologia ci insegna, diventa la trasformazione di una doverizzazione interiore. Ogni dovere interiore, se non consapevolmente scelto, limita la libertà psicologica. Spesso crediamo di essere autentici, affermiamo molto facilmente “sono me stesso”, in realtà o ci conformiamo (conformismo) a quanto fa la massa, o facciamo quello ci dicono di fare (totalitarismo).

L’uomo che vive secondo il conformismo e/o totalitarismo sceglie, inconsapevolmente, percorsi di vita non autentici e di conseguenza anche le relazioni. Le relazioni sono importanti perché ci riportano ad una realtà antropologica: ognuno nasce da una relazione; e ancora prima è pensato dalla relazione di due individui. Cresciamo attraverso essi e con essi.

Come psicologo e psicoterapeuta non posso non sottolineare dell’importanza di questa prima relazione che, se caratterizzata da stima e fiducia è preludio per la sana personalità. Perdendo il senso della relazione si cade nella solitudine e insicurezza più totale.

Nel momento in cui le relazioni sono in crisi, divengono liquide, come afferma il sociologo Bauman, non rispondono al bisogno fondamentale dell’essere umano; quello di sicurezza. Quali conseguenze? Insicurezze, ferite emotive, insoddisfazioni varie, sfiducia verso il futuro, rabbia, rancore ecc. Ognuno ha bisogno di stabilità relazionale, del sapere che c’è un qualcosa a cui potersi sentire collegati e fare affidamento sempre, anche nei momenti di incertezza.

Ed è per questo che il salmista recita: «Dio è per noi rifugio e forza, aiuto sempre vicino nelle angosce» Salmo (45-46).

Molte coppie in procinto di separazione cadono in depressione perché perdono il senso della relazione come stabilità. Si sentono persi e vuoti. Arrivando ad estremismi pericolosi pur di non vivere l’angoscia della separazione. Le proprie carenze affettive compromettono il nostro essere in relazione per cui è doveroso riflettere su se stessi.

E allora nasce spontaneo chiedersi “ed io chi sono”? Domanda cruciale che segna l’inizio della propria responsabilità affinché l’altro non diventi la proiezione della propria insicurezza relazionale.

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