Cassazione : carcere per i giovani bulli

La Cassazione chiede il carcere per i bulli più pericolosi.

La Corte di Cassazione invita i giudici dei tribunali dei minori a non escludere la custodia cautelare in carcere per gli adolescenti con una forte propensione a delinquere che sono in attesa del processo, specie se i baby-teppisti continuano a comportarsi male anche dopo l’inizio delle indagini.

Gli studenti-bulli indiziati di gravi violenze potrebbero quindi finire in carcere e non in comunità.

Lo ha stabilito la Cassazione.  Accolto un ricorso presentato dal pm per i minori di Sassari.

(ANSA, 21 maggio 2005)

E’ recente l’indicazione fornita dalla Corte di Cassazione di custodire in carcere e non in comunità gli adolescenti autori di gravi e reiterati episodi di prevaricazione e teppismo.
Se di fronte a eventi di particolare gravità e a comportamenti prepotenti che si configurano come apertamente delinquenziali il ricorso all’autorità giudiziaria e a severe misure repressive risultano necessari, è però soprattutto vero che il fenomeno del bullismo a scuola richiede primariamente la messa in atto di programmi preventivi e di risposte educative da parte del contesto scolastico.
Labile infatti è la linea che separa ciò che è bullismo da ciò che costituisce reato penalmente perseguibile.
Quando entriamo in ambito penale è compito delle autorità giudiziare farsene carico, ma finchè parliamo di bullismo sono le agenzie educative ad essere chiamate in causa e a condividere responsabilità ed interventi; ciò è ancora più vero alla luce dell’importanza posta dalla letteratura sull’efficacia dei percorsi di intervento e di prevenzione soprattutto in ambito scolastico.

"Custodia cautelare in prigione per gli episodi più gravi di bullismo a scuola
(Cassazione 19331/2005)

APPELLO

Linea dura della Cassazione contro il "bullismo" tra i banchi di scuola: nei casi più gravi è legittimo ricorrere al carcere. Una sentenza della Quarta Sezione Penale ha annullato un’ordinanza del Tribunale per i minorenni di Sassari che aveva disposto la sostituzione della misura della custodia cautelare in carcere con quella del collocamento in comunità nei confronti di un diciassettenne accusato di gravissime sevizie ai danni di un compagno di classe portatore di handicap. La Suprema Corte ha stabilito che il collocamento in comunità in attesa del processo costituisce una misura troppo blanda per gli studenti che, indiziati di gravi episodi di violenza nei confronti di compagni di classe più deboli, continuano nella loro condotta anche dopo che le indagini sono iniziate; per questo motivo i giudici minorili non possono escludere l’applicazione del carcere preventivo, rimedio necessario quando tutte le altre misure appaiono inidonee.

Suprema Corte di Cassazione, Sezione Quarta Penale, sentenza n.19331/2005 (Presidente: M. Battistini; Relatore: C. G. Brusco)
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

QUARTA SEZIONE PENALE

SENTENZA

LA CORTE OSSERVA

Con provvedimento in data 22 ottobre 2004 il Tribunale per i minorenni di Sassari, in funzione di Tribunale per il riesame, giudicando in sede di rinvio a seguito della sentenza 15 luglio 2004 della III Sezione di questa Corte, che aveva annullato con rinvio, su ricorso del pubblico ministero, una precedente ordinanza in data 10 maggio 2004 del medesimo Tribunale che aveva sostituito la misura cautelare della custodia in carcere emessa nei confronti di U. A. con quella del collocamento in comunità [1], ha ribadito il contenuto della prima ordinanza di riesame confermando l’applicazione del collocamento in comunità.

Il Tribunale ha ritenuto che nei confronti della persona sottoposta alle indagini, nei cui confronti si procede per varie ipotesi di reato commesse in danno di un compagno di scuola del ricorrente, affetto da handicap, che veniva costretto a compiere e subire atti di violenza sessuale, ad assumere sostanze stupefacenti e a mangiare un panino imbottito con escrementi animali, le esigenze cautelari fossero da ritenere attenuante e che misura adeguata fosse quella indicata.

Analogo provvedimento veniva adottato nei confronti di un altro giovane concorrente nei reati indicati."

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Lanciano, la Corte di Cassazione lascia in carcere i giovanissimi autori di uno stupro a scuola
grave caso di bullismo in una scuola abruzzese.

Il caso in questione riguardava un gruppo di studenti, tra i 15 e i 16 anni, che si sono resi protagonisti di una «violenza sessuale di gruppo» durante la frequenza scolastica in un istituto professionale di Lanciano.
I quattro alunni indagati per violenza sessuale di gruppo,come si legge nella sentenza 17082 della Terza sezione penale, erano accusati di violenza nei confronti di una compagna di scuola 14enne.
Un gruppo talmente «unito», si annota nelle motivazioni della sentenza, da spargere il terrore tra le ragazzine dell’Istituto.
Qualcuno aveva persino scritto in un blog che i quattro bulli «volevano fare le stesse cose» anche ad altre studentesse «e che queste erano riuscite ad evitare il peggio per la presenza di altri due ragazzi».
Da qui la disposizione del gip del Tribunale della Libertà dell’Aquila- sezione minorenni, gennaio 2006, per tre dei baby bulli dell’applicazione della custodia cautelare nel carcere minorile dell’Aquila.
Invano la difesa dei quattro studenti si è rivolta alla Cassazione, chiedendo l’applicazione di una misura meno afflittiva, considerata anche l’ età scolare. La Terza sezione penale ha respinto tutte le richieste della difesa, allinenandosi alla decisione del Tribunale della Libertà.

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