Dall’Identità all’autolesionismo

È di qualche mese fa la notizia, riportata dai media, della registrazione all’anagrafe del figlio di due mamme.

Si tratta del primo riconoscimento di nascita di un bimbo ad una coppia omogenitoriale in Italia. In questi giorni i media hanno riportato un altra notizia; a NEW YORK, a partire dal gennaio 2019, si potrà dichiarare, da parte di madre e padre, sul certificato di nascita il proprio nascituro con la X ad indicare né nel genere maschile né in quello femminile. Di conseguenza gli adulti che lo desiderano potranno modificare il proprio certificato di nascita.

Si parla di giornata storica, certamente è un risultato storico se si considera che si capovolge una cultura che ha influito sul senso di identità. (Per concetto di identità, utilizzato nelle scienze mediche e psicologiche, si intendono, le nostre caratteristiche fisiche, psicologiche, culturali). A livello psicologico ognuno contribuisce al senso di identità dell’altro a tal punto che lo psichiatra esistenziale, Ronald Laing, afferma: “gli altri possono o contribuire all’autorealizzazione del soggetto o, in maniera decisiva, al suo smarrimento (alienazione), fino ai limiti della pazzia.” (Laing R. L’io e gli altri 1971). Da un punto di vista clinico ognuno è responsabile della salute mentale dell’altro. Lo sa bene il cristiano quando si attiene al principio «Amerai il prossimo tuo come te stesso; Non c’è altro comportamento più importante» (Mc- 12,29 – 31). Ciascun essere umano ha bisogno che gli venga riconosciuto un posto nel mondo, un senso, un valore da un’altra persona questo è responsabilità e rispetto per l’altro.

Del resto lo stesso Gesù utilizza altri per definirsi e definire; Disse loro: «Voi chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». E Gesù: «Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l’hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli. E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa.  (Matteo 16,15-20). La costruzione dell’identità è un processo che comincia alla nascita, si svolge prevalentemente nel rapporto con gli altri e ci serve per affrontare, nel corso della vita, situazioni imprevedibili. Un senso di identità stabile è la condizione essenziale per sentirsi vivi, mentre un senso di identità instabile è caratteristica nevrotica di incertezza nella vita matrimoniale, nel rapporto con i figli, con se stessi e gli altri.

Comporta un disagio clinicamente avvertibile. Un senso di identità fragile può avere origine dalla mancanza di punti di riferimento che ci definiscono. I primi punti di riferimento sono i genitori che hanno un notevole risvolto sul senso di identità dei singoli membri. Come psicologo, psicoterapeuta e cristiano mi chiedo quale sviluppo e quale conseguenza se altri non definiscono, se genitori non chiariscono la posizione e il ruolo del proprio figlio. “Un soggetto è, in primo luogo, la persona che gli altri dicono che è. Crescendo, poi, egli conferma, o cerca di invalidare, la definizione con cui gli altri lo hanno individuato (Laing p. 109). Ma tutto questo non ha niente a che fare con la sessualità.

L’antropologia biblica afferma maschio e femmina Dio li creò, ma cosa succede quando si afferma né maschio né femmina? Quando un genitore non lo definisce né maschio né femmina. Gender X è il termine che fa riferimento. Si ricorda che ad utilizzare, per la prima volta il termine gender è stato lo psicologo neozelandese John Money, negli anni ’50, quando ha parlato di “gender role”, cioè ruolo di genere, successivamente il concetto di “genere” si è esteso, impropriamente alla distinzione tra “identità di genere, ruolo di genere e orientamento sessuale”.

In sintesi l’identità di genere definisce come ciascun individuo sente di essere. Il ruolo di genere invece è ciò che socialmente e culturalmente viene definito come maschile o femminile. L’orientamento sessuale viene definito dall’attrazione sessuale che ciascuno sente per l’uno all’altro sesso. Colpisce come nel DSM-5 si parli di disforia di genere o disturbo dell’identità di genere (spesso abbreviato in DIG) quale malessere percepito da chi non si riconosce nel proprio sesso fenotipico o nel genere assegnatogli alla nascita, indipendente dall’orientamento sessuale, di cui non va confuso.

Oggi si assiste ad una “ideologia gender” che a un livello profondo, se non chiara, alimenta una confusione. È da ricordare che secondo le scienze psicologiche qualunque tipo di maturità si gioca proprio attraverso il concetto di identità. Senza un sano senso di se si va in confusione; confusione che si ripercuote sulla vita in generale nei suoi più svariati aspetti. Non riuscendo a mentalizzare il proprio corpo, la propria immagine, la propria identità si può dare luogo a disturbi della condotta alimentale, sessuale e, manipolazione violenta del corpo che possono essere una trasposizione del definirsi con una identità. Disturbi che possono appartenere alla logica del linguaggio metaforico psichico.

Tipico delle condotte dell’autolesioniste, che sono sempre più frequenti soprattutto tra i giovani. L’autolesionismo è il danneggiamento del proprio corpo attraverso lesioni autoinflitte dirette e intenzionali. Ne soffrono soprattutto adolescenti e giovani adulti, con un’incidenza del 15-20% (Ross et al., 2002), mentre tra gli adulti la percentuale si attesta al 6% (Briere & Gil, 1998; Klonsky, 2011). Sia in adolescenza che in età adulta l’incidenza dell’autolesionismo è più elevata tra la popolazione di soggetti affetti da disturbi dell’umore e/o disturbi d’ansia e nelle persone caratterizzate da alti livelli di disregolazione emotiva (Klonsky, 2003; Andover et al., 2005).

È indirizzata verso il proprio Sé e ha, come oggetto da aggredire il proprio corpo come automutilazioni, tentativi di suicidio, il cutting (tagliarsi la pelle e farsi delle scritte con lamette o qualsiasi altro oggetto contundente) il burning (bruciarsi la pelle)., gravi disturbi alimentari, abuso di alcol o droghe, frequenti incidenti stradali, body modification e sport estremi, piercing e i tatuaggi. Esse rappresentano, a livello di psicologia del profondo spesso, una modalità simbolica di prendere possesso del proprio corpo (Le Breton, 2002), nonché tentativi di difendere la propria identità e di ristabilire i limiti e i confini corporei (Jeammet, 1995).

Nello studiare tali condotte è stata data particolare rilevanza al corpo, quale luogo simbolico di espressione di comunicazione della sofferenza psichica. Esso è utilizzato come narratore di difficoltà profonde che non sembrano trovare espressione in modo diverso. La natura della patologia, solo di recente riconosciuta come classe diagnostica a sé stante, considera l’autolesività secondo 3 criteri diagnostici:

  1. Auto -danno, come l’abuso di sostanze psicoattive, la sessualità promiscua e il gioco d’azzardo,
  2. Auto -avvelenamento, come l’ingestione di sostanze tossiche e l’overdose di droghe,
  3. Condotte autolesive, come tagliarsi e bruciarsi.

Al di la dei criteri, il corpo e la sua rappresentazione diventa l’oggetto di investimento delle proprie confusioni ideative ed emotive. Si potrebbe dire che la messa in atto di comportamenti autolesivi sia un tramutare in sofferenza fisica (quindi più reale e più facilmente gestibile) una sofferenza emozionale che non si sa come gestire sfruttando una strategia disadattava. Si richiede un supporto psico-educativo che non dev’essere solo spirituale e morale, bensì abbracciare con pari intensità e costanza la crescita fisica, culturale e sociale dei figli.

Affinché: « li ripeterai ai tuoi figli, ne parlerai quando sarai seduto in casa tua, quando camminerai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai. Te li legherai alla mano come un segno, ti saranno come un pendaglio tra gli occhi e li scriverai sugli stipiti della tua casa e sulle tue porte» (Deuteronomio 6:5-9) Ci chiediamo quale risvolto se lasciamo che i nostri figli siano senza modello e soprattutto ci asteniamo nel dare un senso di identità. Una presenza assente è più grave di una assenza.

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