Donne a perdere

Siamo un popolo con fin troppa storia alle spalle, eppure se ci ribaltiamo all’indietro, rischiamo di piombare nel vuoto, come se avessimo soltanto un pizzico di tradizione a sostenerci.

Ogni santissimo giorno un frastuono assordante a ricordarci l’ennesimo omicidio, suicidio, con corollario di bimbi al seguito.

Ogni maledettissimo giorno il rompicapo delle conte e dei numeri sottratti alla ragione ci parlano di follia, di malattia, di prepotenze e violenze ripetute fino alla nausea.

Un giorno sì e l’altro pure siamo assaltati dalle notizie più devastanti in tema di violenze e di soprusi sulle donne, e cosa ancora più drammatica, a farne le spese quasi sempre ci sono anche i bambini, colpiti a tradimento più ancora delle loro madri.

Ogni giorno siamo inondati dalle informazioni e da una comunicazione talmente urticante da sembrare insopportabile, nel tentativo di farci comprendere quanto urgente sia correre ai ripari. Eppure ai ripari nessuno corre, tanto meno nessuno fa niente affinché quei ripari possano ergersi a respingi frane.

Ne prendiamo atto solamente a nuovo femminicidio avvenuto, appare come una sorta di metoo delle stupefazioni, delle ossigenazioni mentali, delle interpretazioni da sbandierare a manifestazioni protratte fino a tarda notte.

Combattiamo le mafie, le gangs, le truffe, i colletti bianchi, i bulli e le bulle, ma quando si tratta di donne a perdere, di donne e bambini scaraventati dai balconi o dai ponti, ci soffermiamo a indagare e verificare le istantanee delle famiglie più disgregate, un po’ meno sui nuclei famigliari benestanti e quindi ritenuti aggregazioni valoriali, ma forse occorrerebbe stabilire se ciò sta a valori condivisi, a rispetto e reciprocità come radice e non come facciata da esibire.

Uomini ammazzano per la smania di dominare la propria compagna, uomini incutono terrore per imporre la propria volontà, uomini assai più deboli e fragili delle loro compagne agiscono di istinto per sottomettere, per umiliare, uomini dentro un disagio che diventa smania di possesso, incapacità ad accettare le proprie inadeguatezze, le proprie impotenze fisiche e intellettuali nei riguardi delle proprie donne, di tutte le donne.

Uomini che non trovano altra soluzione alle proprie inadempienze emozionali che muovere armi e bagagli contro l’innocente di turno.

Ogni stramaledetta volta che tragedie come queste ci investono tutti, nessuno escluso, occorrerebbe chiederci se non si tratta di un vero e proprio cancro sociale, dove gli imputati, per lo più sconosciuti e indefessi buoni padri di famiglia, non siano invece una vera e propria utenza che ha ingrossato esponenzialmente le fila di borderline, di soggetti da doppia diagnosi, dove lo stress e la caratterialità umbratile, sono più semplicemente fingimenti che nascondono disfunzioni psicologiche assai gravi.

Tutto ciò potrebbe apparire come una sequenza di parole, di intendimenti sgangherati, se non fosse per il dolore inaccettabile di chi resta in vita a sopportare quanto sopravvenuto inspiegabilmente.

VINCENZO ANDRAOUS
www.cdg.it

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