I cattivi maestri

Imputare ai mass media gli effetti spesso negativi della formazione degli adolescenti forse è troppo semplicistico.

Ma non si può negare come i mezzi della cultura di massa siano la cartina al tornasole degli eventi a cui ogni giorno assistiamo.

Si pensa sempre che questi fenomeni riguardino i figli degli altri e in questo modo la coscienza personale si riconcilia con quelli che riteniamo i nostri valori e le nostre aspettative, un giardino coltivato e curato con dedizione e fatica.

Ma questo non basta e ignorare o rimodellare a proprio piacimento fenomeni che urtano la nostra sensibilità ci porta spesso a non considerare il profondo significato di un cambiamento radicale della società in cui viviamo.

Famiglia, scuola sono i nuclei collettivi in cui si riversano e si evidenziano comportamenti a rischio che possono ingigantire il problema e diventare icone rappresentative della mancanza di una efficace e mirata comunicazione con i giovani adolescenti.

Letteralmente “comunicare” significa “mettere in comune” ma questa attitudine e disponibilità sembrano diventate una formula mai sperimentata, forse perché richiede tempo e impegno che al giorno d’oggi sono beni di consumo relegati ad uso e finalità concrete e dettate dalle necessità quotidiane.

Questa società è definita una società “fluida”, incapace di trasmettere certezze e priva di valori di riferimento, fenomeno  che alimenta il pensiero debole e confonde il senso della morale, di cosa è giusto o sbagliato.

L’imitazione diventa una certezza e un modo per affermare la mancanza di una vera identità, una richiesta pressante di visibilità e considerazione.

Spesso gli atteggiamenti violenti si perpetrano in gruppi in cui il giovane adolescente assume il ruolo comune e condiviso dai suoi pari.

Essi  imitano così tutti i comportamenti che possono richiamare l’attenzione degli adulti, quegli adulti che spesso sono assenti e non riescono a cogliere i sintomi di un malessere costante che ingigantisce il disagio e diventa apprezzabile soltanto quando ormai è troppo tardi.

Il sociologo Durkeim chiamava “anomia”( disordine) le situazioni di carenza o mancanza di integrazione nelle quali si evidenzia la scomparsa di regole morali.

Ci rendiamo conto di quanto le emozioni legate a certi comportamenti  siano praticamente nulle e nessun ragazzo riesce a comprendere come l’aggressione, il vandalismo, la violenza fine a se stessa abbiano una valenza negativa. “L’emozione può essere definita come un evento scatenante che nasce da una discrepanza, una contraddizione tra i piani cognitivi e percettivi”( A.Oliverio).

Lo stesso Oliverio, psicofisiologo, nello studio sulla teoria delle emozioni considera il valore adattativo delle emozioni ricollegandosi a Darwin.
Ma la percezione e la conoscenza per i giovani d’oggi viaggiano spesso su un unico binario che rappresenta il reale e il virtuale senza confini e distinzioni.

I cattivi maestri sono sempre esistiti ma di contro c’era sempre, diversi anni fa , la capacità di interpretare e di capire i significati di un gesto, di un rimprovero e di uno sbaglio che ora lasciano il tempo che trovano perché i giovani non si riconoscono nella fragilità e nella sofferenza spesso necessari  alla crescita e al cambiamento, alle conquiste maturate e consapevoli indispensabili per lo sviluppo della personalità e dell’identità.

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