Tanti anni fa il festival di Sanremo era un evento speciale.
Il bianco e nero rendeva tutto più importante e unico, specchio di una società che credeva e sperava in un mondo diverso. Appuntamento da non perdere riuniti in famiglia attorno ai pochi fortunati che possedevano un televisore per lasciarsi trasportare dalla musica e dalle parole di canzoni senza tempo.
Il festival è cambiato come siamo cambiati noi immersi o forse intrappolati nelle maglie del consumismo più sfrenato, schiavi di una comunicazione spesso contorta e poco lineare che nelle nuove leve ha convogliato il senso del malessere e della ribellione.
Così la canzone ha mostrato un volto diverso, non più romantiche melodie monotematiche sull’amore, ma ritmi sincopati per comunicare la diversità e le mille facce della solitudine, espressioni di colore e musica parlata o raccontata, segnali di un tempo che rincorre musica e parole cercando nuovi canali di comunicazione.
Sanremo nonostante tutto rappresenta la nostra memoria, fatta di canzoni belle o canzonette, di bianco e nero, di tutto o niente. Su questo palcoscenico ci siamo anche noi, con i ricordi che restano, con i desideri che spesso solo una canzone riesce ad accogliere e interpretare, per ascoltare e rivivere quel tempo che scorre dentro di noi, tra le note e le parole di canzoni che ogni volta impariamo a raccontarci.