Il funzionamento della memoria contestuale

Tra le numerose funzioni della memoria troviamo quella che consente di rievocare la fonte e le circostanze specifiche durante i quali è stato vissuto, registrato e immagazzinato un evento.

Così, rivivendo una situazione che presenta stimoli e dimensioni simili a quelli che hanno caratterizzato la registrazione dell’evento, sarà possibile rievocare le informazioni contestuali correlati allo stesso.

La funzione tipica della memoria contestuale è appunto quella di fornire materiale mnestico ad una rievocazione che può avvenire anche molto tempo dopo la registrazione dell’evento, e non mediante la rievocazione diretta del medesimo, bensì attraverso l’esposizione alle peculiarità circostanziali che ne hanno caratterizzato il verificarsi.

Il recupero della memoria contestuale, a livello cerebrale, sembra originarsi attraverso l’interazione di un processo che vede coinvolti l’ippocampo, la corteccia pre-frontale e l’amigdala. In particolare l’attività di maggiore rilevanza sarebbe svolta dall’ippocampo ventrale-anteriore, che partecipa alla formazione di memoria capace di creare forti differenziazioni tra i contesti, mentre l’ippocampo dorsale o posteriore appare maggiormente coinvolto nella codifica di oggetti specifici e della loro posizione in un contesto particolare.

Le memorie dell’ippocampo ventrale anteriore si spostano poi sopra la corteccia prefrontale, che successivamente agevola il recupero delle memoria in relazione con l’oggetto tramite la corteccia perirhinal e laterale di enthorinal.

È stata di recente individuata una proteina che sembrerebbe in grado di aiutare il cervello nella formazione di ricordi destinati a durare nel tempo e che si formano dopo aver vissuto una particolare esperienza. La proteina si chiama Npas4 ed e’ stata identificata nei topi dai ricercatori del Massachusetts Institute of Technology (Mit) di Boston, che la descrivono in un articolo su Science.

La proteina Npas4 gioca un ruolo fondamentale in una particolare regione del cervello, l’area ‘CA3’ dell’ippocampo, dove ha sede la cosiddetta memoria ‘contestuale’. Questa è fatta di ricordi a lungo termine che nascono da un’esperienza appena vissuta, proprio come quelli che aiutano un topo di laboratorio a ricordare come scappare da un labirinto dopo averne trovato la via di fuga.

Grazie a una serie di esperimenti condotti su roditori geneticamente modificati, i ricercatori hanno scoperto che Npas4 è il primo interruttore che accende a cascata molti geni nel Dna, primi fra tutti i geni ‘ad espressione rapida’ chiamati Ieg (Immediate Early Genes), necessari per questa particolare forma di apprendimento. Per dimostrarlo, è stato sufficiente spegnere l’interruttore Npas4 in modo artificiale: i roditori privi di questa proteina sono infatti smemorati, ma sono anche capaci di riacquistare la loro memoria contestuale una volta riattivato l’interruttore stesso (ANSA, 2011).

Recentissimi studi di neuroimaging hanno tuttavia convalidato l’esistenza di una parte specifica del cervello che, anziché venir identificata con la più generica funzione mnestica legata al funzionamento dell’ippocampo, sembra più strettamente correlata alla rievocazione di episodi contestuali specifici. Si tratta della corteccia retro-splenica, il cui funzionamento, sino a poco tempo fa ben poco messo in luce, è stato analizzato attraverso studi condotti dai ricercatori del Dartmouth College, e la cui collocazione è stata identificata nelle regione 26-29-30 dell’area di Brodman.

Attraverso una tecnologia specifica denominata genetica-chimica sviluppata presso la University of North Carolina, è stato possibile controllare a distanza l’attività specifica delle cellule cerebrali. Si è dunque rilevato che, trasferendo in una regione del cervello i geni di un recettore sintetico sensibile ad un determinato farmaco iniettato a sua volta, il farmaco stesso si lega ai recettori accendendo e spegnendo, per un breve lasso di tempo, alcune cellule cerebrali presenti in quella regione. La regione è stata in seguito identificata come quella relativa all’estensione della corteccia retro splenica. Con questo approccio, il laboratorio condotto dal prof. Bucci ha dimostrato, in un esperimento condotto sui topi, che la corteccia retro splenica è fondamentale per l’acquisizione della memoria contestuale. Risultati confermati da ulteriori studi che hanno evidenziato come l’ippocampo, un’altra regione chiave del cervello coinvolta nella memoria contestuale, non è di per sé attiva o necessaria per formare le associazioni iniziali che stanno alla base della memoria contestuale.

Si tratta di una scoperta molto utile anche per la conduzione di ulteriori studi sul deterioramento della memoria in seguito all’Alzheimer, dato come, a detta dello stesso prof. Bucci, studi recenti abbiano dimostrato come proprio la corteccia retro-splenica sia una delle prime aree del cervello a risultare danneggiata nei malati di questa grave patologia degenerativa (The Journal of Neuroscience, 2014).

RIEVOCAZIONE E MEMORIA CONTESTUALE

Sempre in riferimento alla memoria contestuale si è visto come la rievocazione della stessa possa risultare agevolata dalla rievocazione in un contesto analogo a quello della codificazione e dell’immagazzinamento.

I ricercatori hanno fornito informazioni convincenti circa questo aspetto. Si è infatti appurato, tramite metodologia sperimentale, come rievocare certe informazioni nel medesimo luogo in cui le si è apprese renda più facile il recupero: nello specifico alcuni sub sono stati sottoposti alla memorizzazione di una serie di parole che venivano loro ripetute, mediante apparecchiature speciali, mentre si trovavano sott’acqua, oppure più semplicemente mentre erano seduti in riva alla spiaggia. Il risultato ha rilevato come le parole apprese sott’acqua venissero ricordate meglio sott’acqua, e quelle apprese fuori dall’acqua nell’analogo contesto non subacqueo (Godden e Baddeley, 1975). Studi confermati da un esperimento condotto con alcuni pianisti, che si sono mostrati in grado di suonare un brano più accuratamente utilizzando il pianoforte sul quale lo avevano appreso (Mishra e Backlin, 2007).

Un contesto familiare può risultare di aiuto nella rievocazione dei bambini già nelle primissime fasi della vita, dato come la memoria sia in questo periodo caratterizzata soprattutto da immagini legati ad oggetti ed esperienze concrete. Carolyn Rovee-Collier (1993) ha rilevato come bambini di appena 3 mesi, dopo aver imparato a tirare calci contro una giostrina appesa alla culla (tramite un nastro legato alla caviglia), scalciavano maggiormente quando venivano sottoposti al test nella medesima culla rispetto a quando erano posti in un contesto differente.

La specificità della codifica può far leva, oltre che su contesti spaziali, anche su stati interni del soggetto. Ad esempio, in uno studio sono stati somministrati ai partecipanti alcol o placebo prima di una fase di memorizzazione e di una sessione di test memoria. In generale l’alcol danneggia le capacità di memoria: tuttavia i partecipanti che ne avevano assunto sia nella fase di studio che nella fase di test sono risultati in grado di recuperare le informazioni più di coloro che avevano ricevuto l’alcol soltanto in una delle due fasi. Si parla, in questo caso, di memoria stato-dipendente, e i ricercatori hanno verificato come la stessa si verifichi anche in seguito all’assunzione di altre sostanze quali marijuana, anfetamine, antistaminici (Carter e Cassaday, 1998).

Al di là del contesto spaziale, dunque, anche l’identità tra lo stato interno al momento dell’immagazzinamento e della rievocazione può risultare in grado di stabilire una memoria contestuale. E sempre in riferimento agli stati interni, anche l’aspetto emozionale sembra in grado di condizionare questo processo. Già nel 1982, Bowen ha cercato di dimostrare questa ipotesi sottoponendo due gruppi di partecipanti alla memorizzazione di una serie di parole dopo averli indotti, rispettivamente, in uno stato emotivo di melanconia e di buonumore indotto tramite trance ipnotica ( cit. in Canestrari, 1997; 2003). La rievocazione veniva poi effettuata, a distanza di tempo e sempre sotto ipnosi, in uno stato emotivo divergente a quello dell’immagazzinamento e in uno equivalente. I risultati hanno dimostrato come la rievocazione in uno stato d’animo triste di una lista di parole appresa nel medesimo stato d’animo arriva all’80%, per fermarsi al 45% se il materiale era stato appreso in uno stato d’animo felice. I risultati si sono mostrati paralleli nella rievocazione condotta in uno stato d’animo felice (78% e 46% rispettivamente). Questa ipotesi, detta della congruenza, sostiene quindi che il ricordo è facilitato quando sussiste una coerenza degli stati d’animo nel momento dell’apprendimento e in quello della rievocazione. Da ciò si deduce come una facilitazione mnestica non esista solo nel caso di analogia tra il luogo di apprendimento e il luogo di rievocazione, ma anche in quello di analogia tra stati d’animo del soggetto in ciascuna delle due fasi. La memoria contestuale riguarda dunque dimensioni interne ed esterne al soggetto, tanto per l’apprendimento che per la rievocazione.

BIBLIOGRAFIA

Canestrari, R., Godino, A. (1997), Introduzione alla psicologia generale, Edizioni Mondadori, Milano;
Canestrari, R. (2003), Manuale di Psicologia generale e dello sviluppo, Edizioni Clueb, Bologna;
Carter, S.J. e Cassaday, H.J. (1998), State dependent retriva and chlorpheniramine. Human Psychopharmacology, 13, 513-523;
Godden, D. e Baddeley, A.D. (1975) Context dependent memory in two environments: on land and under water, in British Journal of Psychology, 66, 325-331;
Mishra, J. E Backlin, W. (2007), The effect of altering environmental and instrumental context on the performance of memorized music. Psychology of music, 35, 1-20;
Rovee-Collier, C. (1993), The development of infant memory, pubblicata in https://pdfs.semanticscholar.org/48fc/5879b568762f305b4101d68279ce53a9a585.pdf

(2014)
https://www.alzheimer-riese.it/contributi-dal-mondo/ricerche/4102-non-solo-ippocampo-altra-area-del-cervello-e-cruciale-per-la-memoria-contestuale
http://www.ansa.it/scienza/notizie/rubriche/biotech/2011/12/27/visualizza_new.html_18398769.html

M. Rebecca Farsi

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