Il suicidio: un atto di rinuncia

Cercare di comprendere come e perché nella vita si possa arrivare a tanto non è facile ne’ forse prevedibile.

Comunque gli psichiatri concordano nel sostenere che, pur non evidenziandosi segnali premonitori, succede qualcosa nella vita psichica che annuncia l’atto estremo, segnali di inconscio disagio che pian piano si stratificano, piccoli sassi che unendosi diventano un peso insopportabile, un bagaglio troppo pesante da trascinare e con il quale convivere quotidianamente.

Un gesto come il suicidio e’ considerato, a torto, un atto di coraggio e di sfida, verso se stessi, verso gli altri.

In realtà questo gesto spesso incomprensibile e inaccettabile soprattutto dai familiari, nasconde una fragilità profonda, radici che sottraggono la linfa vitale alla mente e al corpo che si arrendono alle difficoltà della vita deponendo le armi.

Con il suicidio si rinuncia alla vita, alle sue possibilità e opportunità, si rinuncia a guardare in faccia la realtà, si chiudono gli occhi dell’anima e del cuore per sprofondare nel buio della depressione, il male oscuro, un buco nero che cancella la voglia di vivere e di guardarsi allo specchio senza paura.

Più doloroso e traumatico e’ il suicidio dei giovani, un evento che pone interrogativi all’intera società che non è riuscita ad accogliere e comprendere i segnali del malessere e del disagio.

La cultura della vita, la protezione psicologica e l’analisi dei fattori di rischio sono le basi sulle quali costruire sicurezza e identità, la marcia in più per acquisire consapevolezza e autonomia, lo specchio nel quale le difficoltà della vita non spengono i desideri e la spinta verso un futuro migliore.

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