Il vagabondo

L’inverno è arrivato, l’aria pungente e cristallina riflette un sole tiepido che nasconde i suoi raggi in un alone come scudo protettivo.

Il vagabondo è seduto sulla panchina con i suoi bagagli, buste e zaino che contengono i suoi averi. Si lava alla fontanella di fronte e cerca di sistemare le sue cose per poi continuare a camminare.

Lo vedo ogni giorno ma quando cala la sera diventa invisibile, non so quale è il suo ricovero ma mi dicono che continua a dormire all’aperto. Il vagabondo rappresenta la nostra coscienza che affiora ogni tanto per poi nascondersi chissà dove.

Tutti lo vedono, ne avvertono la presenza costante che rassicura alla luce del sole. Poi scende la sera e il freddo isola i pensieri, le domande, i perché e anche il vagabondo diventa invisibile, lontano, distante perché il buio nonostante tutto fa paura e abbiamo bisogno di immergerci  e riscaldarci nelle nostre poche certezze.

Domani ci sarà ancora il vagabondo senza fissa dimora? Lo spero perché dopo ogni notte c’è  sempre il sole che sorge e scopre le sue verità, anche ciò che era invisibile diventa reale: la povertà, l’emarginazione, la solitudine che tutti vorremmo  ignorare e cancellare ma che sono, nonostante tutto, le compagne invisibili della nostra vita.

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