Disagio giovanile e bullismo – Intervista alla dott.ssa Nicoletta Iurilli

Disagio giovanile e bullismo. Le due facce di una stessa medaglia dove vittima e carnefice si trovano a giocare pericolosamente assieme.

Cerchiamo di capire, con l’aiuto di Nicoletta Iurilli  psicologa impegnata nella prevenzione di questi fenomeni, quanto rischiano i nostri giovani.

Cos’è il bullismo?

È l’azione volutamente aggressiva, costante e ripetuta nel tempo ai danni della stessa vittima. Questo significa che si sceglie un ragazzo fisicamente o psicologicamente più debole, che diventa vittima del gruppo o del singolo.

Quali sono le responsabilità  dei genitori?

Esistono modelli di comportamento differenti. Sia genitori che usano la “forza” e la coercizione nell’educazione dei figli, sia altri che perdono l’autorevolezza creando un divario tra sè e loro, i cosiddetti “genitori amici”. In entrambi i casi i ragazzi non riconoscono nei genitori il loro punto di riferimento. Sull’origine del fenomeno poi non influisce l’estrazione sociale. Le dinamiche che intervengono sono a carico sia del ragazzo, del comportamento dei genitori, che della scuola.

Quanto i giovani comprendono le loro azioni?

In genere nei bulli c’è un disimpegno e uno scarso livello morale. Questo significa che non hanno empatia con gli altri, ossia non entrano nelle emozioni della vittima e non sanno cosa prova. Non solo. Non capiscono che i loro comportamenti hanno delle conseguenze. In questo si legge anche un errore di valutazione degli adulti.

In che senso?

I genitori spesso giustificano certi comportamenti come “ragazzate” e le scuole, anche nei casi di cronaca che talvolta leggiamo, cercano di minimizzare l’accaduto. Questi atteggiamenti non fanno che aumentare il fenomeno.

Un fenomeno poco noto è il bullismo femminile. Che caratteristiche ha e perchè se ne parla poco?

Perché nell’immaginario collettivo il bullo è maschio e l’aggressività  è manifestata con l’uso della forza. Niente di più falso. Anche nelle femmine c’è questo fenomeno che si manifesta talvolta in maniera più feroce, sia in modo diretto con l’aggressività  verbale, che indiretto con l’emarginazione della vittima. E non è una cosa da sottovalutare. Molti studi infatti hanno dimostrato quanto l’allontanamento dal gruppo pesi nei casi di suicidio tra gli adolescenti.

Trova che nel bullismo e più in generale nei crimini commessi da giovani ci sia stato un cambiamento, una sorta di escalation, anche causata dal risalto dato dai mass media?

Occorre precisare che il bullo agisce perché osservato. Anche per questo molti casi accadono in gruppo, perché gli spettatori sono la sua forza. Il risalto che a volte viene dato a questi casi può effettivamente portare a casi di emulazione. Per lo stesso motivo si spiega il cosiddetto “cyber-bullismo”, quando cioè si commettono degli atti contro cose o persone, per poi metterli in rete.

Cosa fare allora?

Occorre intanto che genitori e insegnanti collaborino assieme, nel rispetto reciproco del proprio ruolo. A questo bisogna aggiungere un lavoro sui ragazzi perchè certi atteggiamenti vengano prevenuti e non solo curati. .

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