Ipotesi di crisi di relazione

È facile a dire crisi di coppia, crisi di relazione difficile comprenderne le cause.

Ogni comportamento, come ogni malattia ha sempre una genesi (origine, inizio). Nella fenomenologia della relazione di coppia i partner si scelgono, si attraggono si frequentano partendo da buoni propositi, sia morali che valoriali, ma nel tempo soggettivo di entrambi si entra in crisi, si divorzia, ci si separa, ci si tradisce. In entrambi sembra più non appartenere quell’assunto cardine dell’antropologia per cui, magari, entrambi hanno fatto giuramento: “Io, accolgo te, come mia/o sposa/o. Con la grazia di Cristo, prometto di esserti fedele sempre nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita.”

Oggi sono tante le relazioni che falliscono, e non sempre c’è una spiegazione ma ciò non elimina il fatto che possiamo fare delle riflessioni. In primis è cambiato il modo di percepire i sentimenti, in secondo i valori della famiglia della matrimonio, della relazione sono cambiati (P. Riccardi., Ogni vita è una vocazione per un ben ritrovato Ben-essere., Ed Cittadella Assisi 2014)

A riguardo del sentimento, l’uomo del terzo millennio rischia di confondere il piacere con il sentimento. Il sentimento dell’amore, è differente dal piacere dell’attrazione fisica. Chi, almeno una volta, non ha vissuto questa confusione. L’attrazione rapisce la persona in un momentaneo piacere stimolando fantasia e immaginazione. Il sentimento crea quello che è naturale dell’essere umano: “il legame affettivo”. Viviamo di una cultura tecnologica, dei social net, che fa presa sul piacere dell’attrazione, stimolando quel desiderare amplificato a dismisura dall’immagine di se, ritoccata e artefatta.

Il problema non è non farsi attraversare dal desiderare, in quanto dinamica umana non eliminabile, ma dalla consapevolezza che se perdura oltra la soglia di una normalità si configura come male. Nella cultura buddista il desiderio crea dolore ed è l’origine del male per la brama di attaccamento alle cose e /o persone. Similmente nell’antropologia cristiana si legge: “Non desiderare la casa del tuo prossimo… né il suo schiavo, né la sua schiava, né il suo bue, né il suo asino, né alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo” (Libro dell’Esodo 20,17). Si esprime la dinamica psicologica del desiderare come conseguenza di un comportamento sbagliato. Il concetto sottostante dell’avvertimento è che chi desidera “avidamente” le cose, si perde negli affanni della vita in felice.

Il desiderio, quando è onesto, autentico, della giusta dimensione e proporzione, quando non è esagerato è una fonte di energia e di progresso per la vita. “Chi sa accontentarsi è ricco” (Lao Tzu); “La ricchezza non consiste nell’avere molti beni, ma nell’avere pochi bisogni (Epitteto); “Chi non è soddisfatto di ciò che ha non sarebbe soddisfatto neppure se avesse ciò che desidera” (Socrate). Con questi aforismi si ripercorre il pensiero del desiderare e del sapersi bastare di ciò che si ha e si è. Il senso di inadeguatezza, il senso di inutilità e nullità deriva dal seguire modelli sociali inadeguati i quali mettono in crisi.

Poiché ogni relazione è rappresentata da due individui, i così detti partner, comunemente definiti coppia. Ogni partner ha un proprio e singolare bagaglio di storia. Per poter, quindi, individuare le difficoltà della coppia, bisogna prima individuare la storia di vita di ogni partner. E per storia di vita si intendono tutte quelle prime esperienze che hanno dato l’input alla strutturazione della personalità. Il rapporto con i genitori, con i fratelli, con la scuola, con gli amici le aspettative rispetto alla vita, i desideri, i propri sogni, il proprio stile di vita. Oggi la coppia non trova terreno facile, perché, spinta dalla realtà sociale all’individualismo senza valori universali, e così entriamo nella seconda riflessione. Non si riesce, nella vita di relazione a coniugare il “noi” (Io – tu in relazione) con l’io persona. Ognuno, nella paura di perdere il proprio individualismo, crede di annullarsi nell’altro, reagendo con estremismo alla ricerca della propria autonomia a discapito del rispetto dell’altro.

L’individualismo, da non confondere con l’individualità (C. G. Jung Simboli della trasformazione Editore Bollati Boringhieri 2012), sfocia nell’egoismo. Mentre nel processo di individualità persona conosce se stessa ed è attenta a non invadere il campo della libertà dell’altro, viceversa, nell’individualismo, la conoscenza di sé, è adoperata come sopruso dell’altro e, nella coppia, l’individualismo agisce egoisticamente, annullando le esigenze dell’altro e considerando solo le proprie. Ogni individualismo annulla l’aspetto centrale della relazione autentica; l’intimità. Oggi le relazioni sono prive di intimità. Possiamo dire che la grande imputata del fallimento relazionale delle coppie in crisi è il vissuto dell’intimità che è venuto a mancare.

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