La danza e i disturbi alimentari

il mondo dello sport rappresenta un’importante fonte, dove le pressioni ad acquisire determinate caratteristiche fisiche sono molto forti.
Gli atleti, allo scopo di migliorare le prestazioni e raggiungere i traguardi prefissati, utilizzano cibi e integratori per mantenere il controllo del peso corporeo e monitorare il rendimento atletico.
Anche la competizione e l’eccessiva rivalità tra gli atleti diventa un terreno di coltura per lo sviluppo di sentimenti di inadeguatezza e bassa autostima. A tali rischi sembrano essere più colpiti nuotatori, atleti e ballerini per i quali il corpo, o una parte di esso, rappresenta il nucleo fondamentale della prestazione sportiva.
In queste discipline il corpo è visto, infatti, come una macchina perfetta che non può avere difetti se si vuole eccellere nella prestazione.
La pressione per la magrezza, combinata con l’aspettativa di un’elevata performance, come ad esempio nella danza, produce il clima ideale per l’insorgenza di un disturbo alimentare.
Per una ballerina, la perfezione delle linee del proprio corpo è un requisito fondamentale per eccellere nella disciplina. Deve essere in grado entrare in sintonia con la musica e interagire con il pubblico suscitandone emozioni solo attraverso il movimento del proprio corpo. Si rende quindi evidente che l’espressione corporea richiesta a una ballerina sia massima.
Inoltre, la danza è una disciplina estremamente rigida nell’esecuzione del gesto tecnico, che porta ad un’esasperazione forzata del concetto di “corpo in movimento” e sottopone costantemente le protagoniste ad una continua pressione competitiva. Tra l’altro, anche i requisiti richiesti da un insegnante o dai regolamenti di Accademie richiedono determinate misure corporee e pesi pericolosamente bassi per i giovani, spesso ancora in fase di sviluppo.
Gordon, in una sua opera, cita il caso di Gelsey Kirkland, una ballerina diventata anoressica e bulimica nel periodo in cui era divenuta prima ballerina del New York City Ballet. Questa rivelò, oltre alle pressioni e alla competitività caratteristiche di quel mondo, le particolari raccomandazioni del maestro di non mangiare nulla e di far sì che si vedessero le ossa. E quando la Kirkland parla della danza si sente come dominata da “un’estetica da campo di concentramento”.
Garner e Garfinkel hanno confrontato un gruppo di aspiranti ballerine con un gruppo di studentesse con disturbi alimentari. Somministrato lo stesso test di rilevazione di alcuni atteggiamenti alimentari, oltre il 30% delle aspiranti ballerine ottenne risultati analoghi a quelli delle pazienti anoressiche, contro un 12% delle studentesse universitarie (Gordon, 2002).
Alcuni autori, indagando le cause dell’insoddisfazione corporea da parte delle ballerine, spiegano come lo scontento possa essere determinato anche da elementi come la presenza dello specchio o gli abiti utilizzati per ballare.
Lo specchio rappresenta un continuo monitoring del proprio corpo e soggetto pertanto a continua valutazione da parte di se stessi e degli altri. La disciplina della danza è una disciplina individuale e fortemente individualista, tuttavia si svolge all’interno di un gruppo di persone in forte competizione l’una con l’altra, proprio per la continua e costante volontà di eccellere e quindi di prevalere sulle altre. Lo specchio quindi, se da un lato rappresenta uno strumento di indispensabile importanza durante una lezione di danza, potrebbe rivelarsi anche estremamente incitante ad una visione distorta dell’immagine di sé e potrebbe impedire l’acquisizione di nuove abilità.
Radell, Adame e Cole hanno condotto un’indagine per valutare eventuali differenze con la presenza o assenza dello specchio durante le lezioni di danza. Hanno dimostrato come la soddisfazione corporea aumenta nelle classi senza specchio e diminuisce in quelle con lo specchio.
Indossare inoltre abiti stretti, che accentuano e definiscono le forme corporee, può provocare vergogna e la ballerina, più concentrata sul proprio aspetto fisico, rischia di compiere una performance peggiore (Price & Pettijohn,2006).

0 commenti Aggiungi il tuo

  1. Laura ha detto:

    I disturbi alimentari nascono quasi sempre da una crisi di identificazione cioè non riconoscersi nel proprio corpo. Esso diventa l’immagine di una realtà ingombrante e gravosa dalla quale uscire rifiutando il cibo che rappresenta il mezzo concreto per alimentarsi e quindi diventare ” grandi”.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.