La figura del tutor nei disturbi DSA

Tra le difficoltà portate dai disturbi DSA v’è anche e soprattutto quella che vede i bambini impossibilitati nello svolgimento dei compiti a casa, da soli, e nel condurre un progetto di studio autonomo e consapevole, in grado di strutturare il tempo e le risorse cognitive da dedicare a ciascuna materia.

Il deficit nella memoria e nelle sua varie componenti strutturali, le carenze soprattutto a livello di attenzione selettiva e attenzione sostenuta, la difficoltà pressoché insormontabile circa la possibilità dell’utilizzo di attenzione divisa, costituiscono notevoli ostacoli per lo svolgimento dei compiti assegnati, non solo a scuola, ma anche a casa. Si aggiunga che le difficoltà conseguenti alla presenza dei disturbi DSA rendono lo studio molto più pesante e difficile da gestire, durante il pomeriggio, soprattutto dopo un’intera mattinata trascorsa a scuola, nel tentativo di fronteggiare ostacoli di apprendimento e organizzazione mnemonica sperimentati durante le lezioni.

Un bambino DSA, a causa del disturbo stesso, è anche un bambino distratto e distraibile, un bambino demotivato, con scarsa autostima, spesso mosso da sentimenti di impotenza appresa e di inefficacia circa le proprie capacità. Ma è anche un bambino lento nella lettura, nel calcolo, nella scrittura, spesso anche contemporaneamente, dato come la coordinazione esistente tra le funzioni di letto-scrittura comporti la presenza di deficit e disturbi multidimensionali.

Fare i compiti diventa dunque un’impresa impossibile per il bambino con DSA: il tempo passa inesorabile senza che sia riuscito a svolgere quanto dovuto, e le sue difficoltà non diminuiscono malgrado l’aumento della quantità di tempo trascorsa sui libri. La chiave per agevolare l’apprendimento, in questo caso, non è tanto la quantità di tempo che si possa a studiare, ma la qualità. Dunque la variabile non è quanto si studia, bensì come si studia.

Al bambino DSA fa difetto una strategia di studio efficace, spesso causata anche dalla mancata conoscenza circa il proprio stile cognitivo o di apprendimento, e alla scarsa capacità di organizzazione logistica del tempo e dello spazio di lavoro. Al bambino DSA manca un metodo, dunque, e questo è proprio il motivo principale per il quale viene istituito il ruolo del TUTOR DSA.

LE FUNZIONI SPECIFICHE DEL TUTOR

Il Tutor agisce in qualità di esperto, ovvero di professionista in grado di realizzare e verificare processi formativi; di facilitatore, perché aiuta il bambino e la sua famiglia ad individuare le abilità in grado di potenziare il suo apprendimento; e di risorsa, ovvero di strumento attraverso il quale il bambino può aggirare e superare le proprie difficoltà, acquistando sicurezza e autostima.

Il Tutor è una figura che non si sostituisce, bensì si affianca al bambino e alla famiglia, nel periodo post-scolastico, e dunque durante il pomeriggio, al fine precipuo di reperire strategie organizzative di studio funzionali ed efficaci, costruite su misura per lui e sulla base delle sue esigenze, delle sue necessità e quindi anche dei suoi deficit.

Tra i suoi compiti ci sarà quello di strutturare un ambiente di studio adeguato, ordinato nel tempo e nello spazio. Così il Tutor aiuterà il bambino a distribuire il tempo da dedicare a ciascuna materia, e a suddividere lo studio, organizzando diari, quaderni e libri specifici per ogni materia.
Il problema del bambino DSA è in primo luogo una scarsa capacità di organizzazione. Il suo approccio con i compiti pomeridiani è nella maggior parte delle volte passivo, demotivato, persino insofferente.

Per dirla in breve, il bimbo parte sconfitto: torna a casa con la mente colma di informazioni che non ha saputo assimilare e organizzare a livello mnestico, e che pertanto non potrà riproporre nelle strategie di rievocazione necessarie allo svolgimento del compito.

Il Tutor può supplire a tutto questo, insegnando al bambino in primo luogo a fare ordine e spazio nella sua mente: che cosa devo studiare, come devo studiarlo, per quanto tempo, in vista di quale verifica”.

Per raggiungere questi obiettivi di studio “logistico” e ben indirizzato il tutor lo aiuterà per prima cosa a scoprire il suo stile di apprendimento prediletto: se si tratta di un bambino dislessico, ad esempio, sarà inutile leggere e rileggere il brano che deve imparare per l’interrogazione, le parole non saranno comunque chiare, né leggibili.

Per quante volte le legga, il bambino non saprà comprenderle, né decodificarle. Il problema è a livello fonologico, non a livello di scarso impegno o attenzione. Se al contrario il bambino è un discalculico e ha problemi dal punto di vista dell’apprendimento semantico, ovvero non riesce a distinguere le grandezze numeriche, sarà inutile fornirlo di calcolatrice e spingerlo a ripetere calcoli che non è in grado di effettuare, nemmeno con un ausilio esterno.

Una possibile soluzione del deficit sarà invece quello volto ad identificare in primo luogo la causa e la natura dell’errore, e dunque cercare di lavorare sullo stesso, nel tentativo ove di aggirarlo, ove di depotenziarlo, ove di eliminarlo.

Al bambino DSA mancano le strategie di problem solving costruite sul proprio personale stile di apprendimento, ed è anche su questo che il Tutor baserà la propria attività di supporto. Bisognerà utilizzare i canali sensoriali che lo studente riesce ad utilizzare con maggiore facilità, perché sono quelli in grado di aggirare le sue difficoltà, il suo deficit specifico.

Ecco allora che la preferenza andrà a stili di apprendimento improntati sullo stile visivo non verbale più che su quello verbale, in modo che il bambino potrà accedere al significato di quanto sta studiando a mezzo di espressioni grafiche, per lui più facili da decodificare e da memorizzare; e ancora su quello cinestesico, grazie al quale saranno preferite le attività concrete a quelle astratte, viste sfuggevoli e non comprensibili; una giusta integrazione tra teoria e pratica lo aiuterà invece ad assimilare concetti nuovi, ad integrare informazioni nuove con quelle pregresse, a comprendere l’ignoto partendo da ciò che sa già, e che quindi appartiene alla sua sfera cognitiva, per rendere meno gravoso il processo di apprendimento scolastico.

Così il Tutor potrà stimolare il bambino ad applicare nei quaderni immagini grafiche che si colleghino ai singoli concetti, linguette colorate per distinguere le materie, dividere le pagine con sezioni e simboli, anche cromatici, evidenziare le parole chiave.
Verranno utilizzate penne di diversi colori per la sottolineatura di testi, con le quali si evidenzieranno i concetti chiave, si creeranno, col contributo attivo del bambino, mappe concettuali per le materie umanistiche e mappe mentali per quelle scientifiche, in modo da rendere l’apprendimento un meccanismo di ragionamento dinamico, produttivo e riproduttivo anche sulla base di conoscenze pregresse inerenti altre materie, potenziare lo sviluppo delle capacità di coping e l’utilizzo della memoria di lavoro per uno svolgimento dei compiti più organizzato, consapevole e mirato.

Come si è detto, questo avverrà soprattutto con una buona organizzazione del tempo e dello spazio da dedicare ai compiti e alle singole materie, capacità che sembra deficitaria nel DSA: così il Tutor potrà intervenire con la stesura di un PLANNING, una sorta di tabella nelle cui caselle trascriverà i propri impegni pomeridiani stabilendo gli spazi dedicati al tempo libero, allo studio, alla lettura, allo sport etc., e collegando ciascuno di essi ad un colore, in modo da renderli più identificabili.

Dunque lo aiuterà ad organizzare gli spazi cercando di non sovrapporre le materie da studiare, di non creare sovraccarico cognitivo, prevedendo momenti di ricapitolazione, di ripasso, di pausa riflessiva. Presenterà all’alunno strategie di apprendimento nuove, potenzierà quelle già efficaci, stimolerà il bambino ad uno studio quotidiano autonomo e abitudinario, lo aiuterà nello sviluppo di un pensiero flessibile, produttivo e creativo anche nella soluzione di problemi e difficoltà.

Il tutto cercando di agire anche sul piano emozionale del bambino: in primo luogo gli mostrerà l’importanza di evitare atteggiamenti passivi e di scoraggiamento di fronte al compito, farà leva sulla visione incrementale dell’intelligenza, potenzierà la visione dell’impegno, anche in vista di possibili fallimenti, sempre evidenziando suoi punti di forza, e non su quelli critici.

Il bambino dovrà aumentare non solo la sua capacità di apprendimento, ma anche la propria autostima e la propria autoefficacia, un senso di benessere percepito che lo aiuterà nell’approccio allo studio e alla vita in generale.

Il tutor lo aiuterà a comprendere infatti che sbagliare non è un reato, dopo uno sbaglio si può rimediare, se non si capisce si può chiedere spiegazioni, a tutto c’è una soluzione: basta solo essere così creativi e curiosi da poterla trovare e applicare in ogni singolo contesto.

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