Morire per gioco

Sfidare se stessi fino al punto di morire.

Un gioco virale sul web (blackout) conta una vittima in più, un giovane adolescente senza problemi, con una famiglia attenta e presente, genitori che dialogavano con il ragazzo che si dedicava allo sport ed era “normale”.

È proprio questa normalità che sconvolge e lascia senza parole. Gli interrogativi sono tanti e forse troppi….

Si può morire per gioco, sfidando se stessi fino al limite estremo? La risposta è no ma troppo semplice quando la vita diventa una sfida, un tentativo di spingersi al limite e volerlo superare a qualunque costo.

Siamo qui a scandagliare i pericoli della rete, le tentazioni più assurde che viaggiano sul web catturando recondite curiosità, trame sottili che imprigionano pensieri, desideri, azioni. Questo folle gesto ci suggerisce che l’educazione alla vita è un diritto dovere da trasmettere sempre in ogni occasione, in ogni gesto della normale quotidianità, un pedaggio obbligato che bisogna pagare per la salute psicofisica di giovani adolescenti in cerca di emozioni sempre più forti.

Morire per gioco è assurdo e inspiegabile ma lo è ancora di più il senso di impotenza degli adulti, l’estrema fragilità dei giovani che espongono se stessi a prove estreme, alla ricerca di altro oltre il tutto che  già possiedono. In una società che sparge a piene mani falsi miti di forza, infallibilità e perfezione c’è un binario parallelo che mette a dura prova le debolezze profonde dell’inconscio, le  tante solitudini racchiuse nelle quattro mura di una stanza che guardano in silenzio una vita che si spegne.

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