Donne e bambini, vite spezzate da una spirale di violenza gratuita che la cronaca continua ogni giorno a raccontare.
Nomi che vengono ricordati, legati da un tragico destino, vite senza futuro.
C’è una guerra senza nome, senza vincitori né vinti, un limbo nel quale i ricordi diventano immagini sfuocate, sorrisi di un’età troppo fragile e indifesa.
La violenza dilaga nelle mura domestiche, una malattia contagiosa che alimenta odio e rancore, solitudine e paura, grida soffocate sul nascere. Le domande alle quali il senso comune fatica a dare delle risposte lasciano una scia di impotenza e di dolore, il lutto di una società che sta perdendo i suoi principi etici cancella la voglia di un futuro basato su sentimenti positivi, quelli che possono dare voce alla vita e al suo irrinunciabile credo.
Per dire no alla violenza c’è un bisogno impellente di educare tutti, piccoli e grandi a una alfabetizzazione emotiva, un codice di auto-consapevolezza in grado di far maturare in ognuno scelte di vita nel rispetto dell’alterità, della diversità, del benessere psicologico delle relazioni.
La scuola che educa alla vita è soprattutto formazione globale della personalità e dalle parole dello psicologo Erich Fromm un invito a riflettere: “Perché la società dovrebbe sentirsi responsabile solo per l’educazione dei figli e non per l’educazione di tutti gli adulti di ogni età?”