PIU’ INFANTILIZZATI DI QUANDO SONO ENTRATI

In questo ultimo periodo non si fa che parlare di eliminare le vecchie fortezze penitenziarie perché fatiscenti e inumane. Ciò mi fa pensare a  quella Edilizia Penitenziaria nata in epoca emergenziale, privilegiando criteri tecnologici di neutralizzazione e incapacitazione,

Per cui se questa è questa l’ottica mi chiedo dove potrà estrinsecarsi  l’aspetto di carattere trattamentale-rieducativo, risocializzante, di recupero del detenuto.

Se il carcere che nascerà  non avrà spazi di risocializzazione, perché costruito su un ragionamento di solo contenimento del fenomeno criminale, se gli spazi in questione verranno immediatamente occupati per la troppa abbondanza di carne umana, e quindi  non saranno adibiti a laboratori, a sale di lavoro, di studio ( tra l’altro il lavoro è l’unica terapia valida, lo strumento principe di qualunque trattamento), continuerà a venire meno la funzione stessa della pena e, cosa ben peggiore, aumenterà la recidiva e la società si ritroverà in seno uomini ancora più infantilizzati di quando sono entrati.

Ascoltando poco la televisione e assai di più le parole dei  cittadini della strada, che arrabbiati lo sono certamente, ma fors’anche un pò confusi, si rafforza in me la convinzione  che occorre davvero “ricostruire l’uomo dal di dentro”, attraverso gli strumenti legislativi e l’impegno da parte della società e degli Operatori Penitenziari.

In un Istituto sono di importanza fondamentale nel recupero del detenuto: l’Equipe del carcere formata dal Direttore, dal Comandante dagli Agenti di Polizia Penitenziaria, dagli Educatori. Psicologi, Cappellani, Assistenti sociali,  le Associazioni di Volontariato, gli stessi Agenti di Polizia Penitenziaria, che rimangono il vero nocciolo della questione, il fulcro dell’ideale rieducativo della pena, essendo loro a vivere a stretto contatto con i reclusi.

Ogni percorso risocializzante e di riabilitazione, senza la professionalità di queste figure istituzionali rimarrà un’astrazione. Infatti l’assenza  di questi riferimenti porta se non ad una incompleta attuazione della Riforma Penitenziaria. ad un rallentamento della stessa, e peggio  ad una accettazione passiva della pena che nulla insegnerà al detenuto.

L’uomo oltre il muro dovrà saper vincere una scommessa assai importante, riappropriarsi di una cultura, di una conoscenza, e ciò può avvenire unicamente con l’incontro e il confronto con la società esterna.

In questo senso assume grande rilievo l’impegno di ognuno,  ciò alimentando processi ripetuti di relazioni e interazioni, affinché sia possibile un cammino di crescita individuale attraverso la sinergia di quattro poli convergenti: Magistratura, Istituzione Penitenziaria, Società e Detenuti.

Se solo una di queste componenti viene meno tutto il progetto è destinato a fallire.
Se il “carcere” vuole divenire un “luogo ultimo”,  che assolve alla sua vera funzione di salvaguardia della collettività, di sicurezza e  di recupero effettivo degli uomini, forse  dovrà rifarsi anch’esso a quanto ci ha detto il Beccaria: “UNO STATO HA TUTTO IL DIRITTO DI DIFENDERSI MAI DI VENDICARSI”.

di Vincenzo Andraous
Tutor Comunità Casa del Giovane (PV)

0 commenti Aggiungi il tuo

  1. Marco Bastianello ha detto:

    Beccaria è sempre un grande. E tuttavia l’ideale rieducativo è un ideale, che spesso non trova molta corrispondenza nemmeno nei criteri teorici su cui si basa la pena, appunto perchè essa non è concepita come rimedio bensì proprio come pena, vendetta legalizzata, versione politically correct della legge del taglione, rudimentale strumento di riequilibrio. Basti a dimostrarlo l’esistenza dell’ ergastolo (recuperare un uomo alla società da morto? Complimenti. Dal punto di vista morale e logico è un disastro, da quello economico un investimento in perdita).

    PS Vorrei sapere cosa si intende con l’uso di una categoria ampiamente soggettiva e culturalmente determinata come “infantilizzati”, che ha il difetto -in un’ottica oggettiva- non trascurabile di implicare un giudizio quando non una valutazione morale. Significa forse sostenere che il delinquente non si controlla, non sa o comunque non è un adulto come gli altri, magari sulla scorta di quell’antica pia illusione dei filosofi greci per cui non si può perseguire il male sapendo che è male?

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.