Quando la notorietà diventa più importante della dignità

È un dato clinico accertato che dietro a sintomi quali depressioni psicogene, ansie, attacchi di panico, si nascondo stili di vita inadeguati.

Come psicologo e psicoterapeuta non posso restare impassibile di fronte al denominatore comune delle lamentele che affianca la sintomatologia; il sentirsi vuoti, persi, profondamente frustrati ed insoddisfatti pur non avendone i motivi.

Se da un lato ogni buon clinico deve sondare il campo della sintomatologia, deve al contempo essere attento alle influenze socio ambientali che determinano l’atteggiamento verso uno stile di vita.

Lo “stile di vita”, come concetto psicologico (ADLER, A. (1912) Il temperamento nervoso, Newton Compton, Roma 197) è stato inizialmente postulato da Alfred Adler, medico, psicologo viennese ideatore della psicologia individuale, contemporaneo di Freud, con cui collaborò e da cui si allontanò per dissensi teorici circa l’analisi del comportamento umano. Per la psicologia di Adler lo stile di vita definisce il modo di percepirsi nel mondo; percezione costruita “creativamente” in risposta alle risorse biologiche e dinamiche interconnesse con l’ambiente psicofisico e culturale circostante (ADLER ibidem).

Nel tempo lo stile di vita che viviamo diventa un automatismo interno fuori la portata della consapevolezza. È lo psichiatra Eric Berne, che nel parlare di copione di vita ne amplifica il concetto del contenuto strutturale dello stile di vita, affermando che diventa «un piano di vita inconscio» (BERNE, E. Ciao e …poi? Bombiani, MI, 2000).

Il copione di vita come lo stile di vita è un progetto di vita inconscio che ogni bambino elabora e che da adulti si mette in atto con comportamenti e credenze al di fuori della consapevolezza. Non siamo più consapevoli dei nostri atti e dei nostri comportamenti. Spesso le persone, difatti, nel corso dei nostri colloqui, mi affermano: “dott. eppure so che non mi manca niente eppure mi sento insoddisfatto, un perdente, un amorfo”.

Ma quando esploro lo scorrere quotidiano, risconto qualcosa di patologico nello stile di vita, un copione votato al malessere esistenziale, e del tutto ignaro alla persona stessa ma che aderisce per automatismo interiore. Nella cultura dei media, dei social, dell’uomo tecnologico e internettiano siamo sollecitati da uno stile di vita che trova manifestazione in una cultura dell’apparire, dell’essere presenti in prima mostra. Concetto a cui ho dedicato un intero capitolo nel libro “ogni vita è una vocazione, per un ritrovato benessere” ed. Cittadella Assisi del 2014. La sollecitazione diventa  uno stato di tensione, il brivido della vita moderna che spinge le persone ad essere visibili, dai social ai Talk show televisivi.

Ma siamo sicuri di non essere sotto l’idolo dell’apparire? Che serve ad energizzare il bambino interiore, o meglio lo stato dell’io Bambino, descritto da Berne? (BERNE, E. Analisi transazionale e Analisi transazionale e psicoterapia. Un sistema di psichiatria sociale e individuale, ed Astrolabio Modena 1978).

L’epoca dei cercatori d’oro non è finita perdura nella ricerca dell’oro dei tempi moderni: l’immagine, l’apparire, l’essere visibili. Eppure nella cultura antropologica biblica proprio quest’oro si combatte: «Non vi farete idoli, non vi eleverete immagini scolpite …» (Levitico 26:1). «Perciò, cari miei, fuggite l’idolatria» (1 Corinzi 10:14). Come si nota, sia nell’antico che nel nuovo testamento, l’idolatria è condannata. Il senso della condanna è l’avvertimento a non perdersi, a non auto ingannarsi in un piacere effimero teso a presentare, evidenziare, dimostrare sentimenti al pubblico solo per la logica di audience.

Ciò che interessa è il profitto dei dati auditel che, a sua volta fa presa sul “desiderio di essere speciali” che ha quale “tornaconto” il sopperire al bisogno naturale di “riconoscimento”, che avviene attraverso la “carezza” (Stroke), (ERIC BERNE ibidem). Nel mondo degli adulti la carezza può assumere forme diverse (Eric Berne, (1964) “A che gioco giochiamo”, Bompiani, Milano, 1967 pag. 16).

Entro questa cornice possiamo pure inserire il grande successo dei social net, che fa presa sul desiderio di visibilità, sull’illusione di essere importanti che altro non è che il bisogno di riconoscimento falsato da carezze negative, quali i costanti like. Negative perché tese a rinforzare una falsa identità tipica del narciso.  Il vero disagio psicologico dell’uomo moderno diventa il bisogno di apparire che sfocia in uno stile di vita caratterizzato dal credere che la notorietà è più importante della dignità (Riccardi. P “psicoterapia del cuore e beatitudini ed Cittadella 2018).

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