A seguito della strage di San Valentino in Florida, Trump ha proposto di addestrare e fornire armi agli insegnanti.
La recente tragedia rientra tra i dieci più gravi attacchi della storia americana con 15 morti e 17 feriti. Lo scenario è ancora una volta la scuola ed i protagonisti giovani studenti, uccisi per mano di un coetaneo e di un’arma.
Non è certo la prima volta che l’America assista attonita a fatti così gravi; a poco sono serviti evidentemente i metal detector e altre misure restrittive adottate e la nuova proposta di armare gli insegnanti sembra essere ancor meno efficace.
Dopo la proposta di Trump, numerosi studenti si sono mobilitati, indignati, chiedendo libri e non armi. La proposta sembra essere in linea con le misure precedenti, orientate al contenimento della violenza e non alla prevenzione del disagio sottostante.
La misura successiva sarebbe formare ogni studente all’autodifesa e obbligando a portare con sé un’arma? È evidente che gli interventi ancora una volta debbano essere orientati alla prevenzione del disagio giovanile, alla promozione dell’integrazione, allestendo spazi di ascolto e confronto, attivando percorsi di aiuto psicologico ove necessario. Anche questa volta infatti l’aggressore era un giovane incapace di reggere la frustrazione, di confrontarsi adeguatamente con i pari, di sostenere il compito scuola. Un ragazzo espulso, rifiutato, etichettato.
Un fallito. Il senso di fallimento può portare ad esiti tragici, con azioni violente dirette contro di sé o gli altri. Un insuccesso totale. Nessun vincitore. Tutti perdenti. Perdente l’aggressore, perdente la sua famiglia, perdente la scuola, perdente la società.