I neuroni specchio

I neuroni specchio sono alla base della comprensione dell’azione altrui ma anche della motivazione che sottende all’azione. La prima scoperta di tale classe di neuroni, ad opera del neuroscienziato Giacomo Rizzolatti e del suo team, aprì nuovi orizzonti nello studio del cervello umano.

Grazie a studi successivi i neuroni specchio iniziarono a essere considerati fondamentali non solo per i processi imitativi, ma anche nei processi di riconoscimento e comprensione delle azioni, ponendo una base fisiologica all’empatia.

Il cervello che agisce è anche e innanzitutto un cervello che comprende” (Rizzolatti, 2006): comprensione che è pragmatica, preconcettuale e prelinguistica e che consente al nostro cervello di correlare le azioni osservate a quelle proprie e di riconoscerne così il significato.

Il sistema dei neuroni specchio ci pone in un’ottica dell’agire come soggetti non soltanto individuali, ma anche e soprattutto sociali, permettendo i processi di imitazione, di apprendimento, di comunicazione gestuale e addirittura verbale, e di cogliere le reazioni emotive degli altri. In questo modo le emozioni risultano immediatamente condivise ed è evidente quanto sia profondo il legame che ci unisce agli altri e quanto non sia concepibile un io senza un noi.

A tal proposito, come ricordava in un’intervista Peter Brook, grande drammaturgo e regista britannico, attori e spettatori sono accomunati dal condividere le stesse azioni ed emozioni nello stesso momento; e ancora che con la scoperta dei neuroni specchio le neuroscienze avevano cominciato a capire quello che il teatro sapeva da sempre.

Brook affermava che il lavoro dell’attore sarebbe inutile se non esistesse questa connessione immediata con lo spettatore, al di là di ogni barriera linguistica o culturale. 

È dunque possibile operare il processo inverso? Ovvero stimolare attraverso la pratica teatrale l’utilizzo dei neuroni specchio in persone affette da disabilità di varia natura?

Questa è stata la scommessa dello scorso anno, durante il quale il laureando in logopedia Michele Abate ha partecipato ai miei laboratori di Logoteatroterapia esattamente con l’intento di stimolare l’azione di questa classe di neuroni in bambini, ragazzi e adulti affetti da disabilità intellettiva.

La sua sperimentazione (tramite attività quali “lo specchio”, “lo scioglimento”, “gestualità e comunicazione”, “dialogo teatrale” e altre) è durata vari mesi e ha portato ciascuno dei nostri ragazzi a migliorare le capacità di comprensione sia delle emozioni che delle azioni riscontrate nell’altro.

Notevole è stato il successo con Andrea (nome di fantasia) affetto dalla Sindrome X-Fragile, i cui tempi attentivi e del contatto oculare con il prossimo erano ridottissimi. Inoltre il ragazzo mostrava difficoltà nella pragmatica e nell’entrare in relazione con chicchessia. A distanza di un anno, Andrea riesce a sostenere lo sguardo altrui, si relaziona in maniera più adeguata, comprende più velocemente le indicazioni dei vari operatori.

La tesi di laurea di Abate, nella quale veniva esposta tutta la sperimentazione, ha ottenuto il massimo dei voti. Ma la soddisfazione maggiore è stata di certo l’aver migliorato la qualità di vita di Andrea e dei suoi compagni.

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