Quando il disturbo da spettro autistico è una risorsa

All’interno del laboratorio di Logoteatroterapia, culminato con un grande spettacolo che ha portato i giovani attori a misurarsi di fronte a oltre cento spettatori, accadono sempre piccoli miracoli, che non cessano di lasciarmi a bocca aperta. Ecco il racconto di uno di essi.

Rebecca è una bambina di 10 anni affetta dal disturbo dello spettro autistico. Allegra, sorridente, socievole con tutti, non è assolutamente in grado di decodificare i segnali non verbali di chi le sta accanto, spesso non ascolta le parole che le vengono dette, e se ha una sua idea la porta avanti fino alla fine, non riuscendo assolutamente a modificare i suoi progetti in corso d’opera.

Si ritrova a lavorare nel laboratorio di Logoteatroterapia con Chiara, affetta da DSA e fortissima inibizione, qualche tratto ossessivo e soprattutto grande selettività nella scelta delle amicizie. Quanto più Rebecca è disinibita e si avvicina a lei convinta di farle piacere, tanto più Chiara si ritrae nel suo guscio, le risponde a mezza bocca, non la guarda negli occhi, si siede sempre lontano da lei. Nel corso dell’anno Rebecca compie alcuni viaggi con la famiglia, al termine dei quali riporta sempre regalini a tutti, Chiara compresa. Quest’ultima accetta i doni con sufficienza, come fosse lei a fare un grande regalo nel prenderli e non il contrario.

Rebecca le presta il vestito e le scarpe per fare il personaggio che le ho assegnato ma Chiara accetta solo le scarpe, dice che il vestito le dà fastidio, preferisce indossarne uno suo (la mamma ci aveva avvisate, tra le sue ossessioni c’è la grande difficoltà a indossare vestiti che non ha scelto personalmente, ma in ogni caso abbiamo fatto un tentativo).

Finché arriva il giorno dello spettacolo e Rebecca regala dei braccialetti a tutte le sue amiche, corredati di una lettera per ciascuna. Chiara ha grosse difficoltà di lettura, inoltre la scrittura di Rebecca è caotica e le sue frasi sono alquanto sconclusionate. Quindi Chiara mi porta il biglietto chiedendomi di leggerlo per lei. Calco la mano su tutti i complimenti che le fa Rebecca e su quanto le voglia bene. Alla fine le dico “Vedi quanto sei importante per Rebecca?” ed è come se si accendesse una lampadina. Chiara alza lo sguardo, sorride e guarda negli occhi Rebecca. Il “grazie” che le esce dalla bocca stavolta è sincero, finalmente si apre all’amicizia con l’altra bambina.

Due giorni dopo incontro Rebecca e la sua mamma. La bimba mi dice che hanno il numero della mamma di Chiara e che si metteranno d’accordo per uscire insieme, per vedersi al di fuori dei giorni canonici di Logoteatroterapia.

Qualsiasi altra bambina avrebbe desistito, dopo due o tre tentativi di far amicizia con Chiara ripagati dalla sua totale chiusura che può facilmente essere scambiata per vanità, o credersi migliore degli altri. Il disturbo di Rebecca le ha impedito di comprendere tutto questo, l’ha fatta andare oltre il muro di gomma di Chiara, le ha fatto vedere la bellezza che c’era in lei. E dopo tanti tentativi, Chiara ha mollato le sue difese e finalmente si è lasciata andare.

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