Il bilinguismo nello sviluppo cognitivo: uno svantaggio o una risorsa?

Il bilinguismo nello sviluppo cognitivo: uno svantaggio o una risorsa?

A partire dagli anni ’60 i gli psicolinguisti hanno cominciato ad interessarsi alla dimensione del bilinguismo, fenomeno che si verifica in tutte quei casi in cui lo sviluppo linguistico del bambino avviene tramite l’apprendimento simultaneo di due lingue: quella del luogo di origine e quella del contesto evolutivo specifico.

Gli innatisti hanno sempre sostenuto la vantaggiosità di questo duplice apprendimento, nella convinzione che l’essere umano sia dotato di capacità linguistiche innate e pertanto predisposte naturalmente all’apprendimento di qualsiasi linguaggio.

Un versante opposto, nella psicologia evolutiva, sosteneva al contrario come questo processo fosse in realtà ben poco conveniente per lo sviluppo del bambino, che ne risultava danneggiato sotto il punto di vista cognitivo e percettivo: in poche parole i bambini esposti all’apprendimento di due lingue risultavano più inclini alla distrazione, alla confusione tra i lessici specifici, e pertanto meno precisi nella comprensione e nell’utilizzo delle due lingue. Laddove c’era bisogno di certezza espositiva, dunque, due lingue ottenevano il risultato opposto.

Gli studi specificamente condotti in materia hanno invece riportato risultati positivi circa il bilinguismo: sembra che i bambini esposti a due lingue già prima dei 3 anni abbiano poche difficoltà ad appenderle entrambe.

Seppur mescolando di tanto in tanto elementi fonologici e lessicali appartenenti ai due specifici domini linguistici, si è dimostrato che già a 4 anni i bambini sono capaci di parlare bene entrambe le lingue e di padroneggiarne le rispettive diversità. Anzi, pare che la seconda lingua venga compresa addirittura meglio e più velocemente.

Il bilinguismo sembra avere ricadute positive anche sul funzionamento cognitivo: i bambini in grado di parlare due lingue hanno infatti mostrato punteggi pari o più alti rispetto ai coetanei monolingui nei test di QI, nei problemi di conservazione di Piaget, e punteggi più alti nella competenza linguistica generale e nella consapevolezza fonologica –sia globale che analitica- e metalinguistica ( Bialystok, 1988), ma anche nel processo di conversione grafema fonema e nella padroneggiamento sillabico. I bambini bilingui sembrano anche in grado di individuare più velocemente errori grammaticali in campioni di lingua scritte e orale ( Campbell e Sais, 1995), oltre ad avere maggiori capacità attentive al fine del superamento delle distrazioni durante la lettura e l’apprendimento specifico ( Bialystock, 1999). In particolare la capacità attentiva dei bilingui risulta in grado di distinguere informazioni irrilevanti da quelle rilevanti sia per la lettura che per la comprensione del testo, e questo rende più agile l’apprendimento di materiale nuovo e l’integrazione con il materiale preesistente, oltre ad un miglior funzionamento della memoria di lavoro.

Questo fattore di vantaggio cognitivo e attentivo potrebbe derivare, secondo gli studiosi, da due fattori: il primo è che i bambini bilingui imparano già ad una tenera età l’arbitrarietà delle rappresentazioni linguistiche; essi sono dunque in grado di comprendere come un suono sia necessariamente distinto dall’altro – dunque hanno appreso che maison e home vogliono dire la stessa cosa pur senza presentare affinità di pronuncia o di scrittura. In secondo luogo sembra che questa maggiore velocità di inibizione dell’informazione non rilevante possa derivare dall’abitudine consolidata e più esperta dei bilingui di monitorare l’ambiente specifico ed esprimersi nella lingua degli interlocutori del momento, interferendo le conoscenze e l’utilizzo dell’altra che in quel contesto è irrilevante.

Tradotto in termini di apprendimento, questo garantisce lo sviluppo di maggiori capacità discriminatorie non solo del contenuto linguistico, ma anche del contesto ambientale di riferimento, a tutto vantaggio dello sviluppo di dimensione come l’attenzione selettiva verso gli stimoli, memoria di lavoro, consapevolezza fonologica, conoscenza metalinguistica e apprendimento del linguaggio pragmatico.

Oggi i vantaggi del bilinguismo sono formalmente riconosciuti, e il suo utilizzo, tanto in ambito familiare che scolastico, pare in grado di fornire benefici oggettivi alla capacità intellettiva globale del bambino, anche sul lungo termine.

Riferimenti Bibliografici:

  • Bialystok, E. (1988), Levels of bilingualism and levels of metalinguistic awareness, in Developmental Psychology, 24, pp. 560-567;
  • Bialystok, E. (1999), Cognitive complexity and attentional control in the bilingual mind, in Child Development, 70, pp. 636-644;
  • Campbell, R., Sais, E. (1995), Accelerated metalinguistic (phonological)awareness in bilingual children, in British Journal of Developmental Psychology, 13, pp. 61-68

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