Una vita in velocità

La moderna società ha la sua regola dello “stare al passo con i tempi”, ma i tempi già sono vecchi, sorpassati. Lo sforzo è tale che si vive in un costante stress di cambiamento.

Un vecchio film di successo, “Il sorpasso”, di Dino Riso, (1962) è l’epilogo di una drammaticità di due generazioni, uno studente timido, Roberto e un quarantenne Bruno, immaturo. Trascorrono insieme le ore di ferragosto in macchina ad una velocità sostenuta da sorpassi di adrenalinica ebbrezza. Giusto per dare un senso alla noia di un ferragosto che maschera il fallimento del proprio essere.

La velocità causa la tragedia dell’incidente alla quale il guidatore, Bruno, l’adulto immaturo muore. Mentre il giovane nega, nell’essere uscito illeso, che nulla è successo. Due generazioni che si confrontano con la noia e il fallimento esistenziale. Molti oggi vivono a ritmi di vita veloce. Sorpassando e soprassandosi in continuazione tra eventi e conoscenza. Siamo costantemente sorpassati da innovazioni tecnologiche, mode sul cibo, sull’alimentazione, sui vestiti, sugli atteggiamenti, perfino il linguaggio sorpassa le vecchie terminologie “twittare”, “fannullonismo”, “skypare”, “chattare”, app sexting, ecc. Un vero e proprio nuovo lessico del terzo millennio. E che dire della tecnologia. Compri oggi uno smartphone e il giorno dopo è già sorpassato, sostituito, obsoleto al punto che necessita di essere aggiornato con l’ultima app (applicazione, software) a disposizione.

Siamo tutti d’accordo che la sfida è il superarsi in un continuo e incessante ritmo veloce che impone uno stress di adattamento notevole. Secondo gli studi dello psicologo Piaget, l’adattamento è funzionale al processo di assimilazione e accomodamento per sviluppare nuovi schemi di apprendimento (Piaget, J. La rappresentazione del mondo del fanciullo, Bollati Boringhieri, (2013, ristampa). Ma ogni cosa ha i suoi tempi.

Indipendentemente dal campo di appartenenza, lavorativo o sociale che sia la regola è la formazione continua. Le organizzazioni di settore (le learning organitations) seguono tutte lo stesso motto: “domani è già tardi”. Si parla di educazione continua, permanente. Una sfida che ci pone in un costante sorpasso dei nostri limiti. Sia in ambito educativo, sanitario, politico il concetto è simile. Sorpassare e sorpassarsi, perché il domani è già vecchio. Lo si vede nella scena politica, si parla costantemente di rinnovamento di idee e le persone difficilmente trovano orientamento tanto è vero che si è costretti a trovare nuovi soggetti politici che nascono dallo stesso ceppo e tradiscono le proprie origini.

La moderna società ha la sua regola dello “stare al passo con i tempi”, ma i tempi già sono vecchi, sorpassati. Lo sforzo è tale che si vive in un costante stress di cambiamento. Il sorpassarsi non è mai naturale si rischia la salute, ad esempio oggi, si dorme due ore in meno rispetto al 19 secolo come dimostra una ricerca della Columbia Univerity (Social Acceleration: A New Theory, modernity; columbia University 2015).

Si parla di fast-food, appuntamenti lampo, sesso veloce, breve vacanza, breve sonnellino, relazioni liquide che scorrono veloci e si consumano velocemente. In realtà viviamo in un eterno paradosso; l’ha dove la tecnologia ci libera del tempo rimane il fatto che non lo sappiamo più utilizzare. Lo psicoanalista Erich Fromm (1900-1980) parla di una società malata dove tutti finiscono per scappare dalla libertà (Fuga della libertà, ed. Mondadori 1963). Come recuperare? Come ritagliarsi il tempo della famiglia, della passeggiata in riva al mare, dell’osservare un prato in fiore, fermarsi a cogliere nell’altro lo sguardo emotivo del prossimo? Anche il tempo libero si consuma.

Ci si affretta con affanno ad andare in palestra, ad accompagnare i figlie a destra e a sinistra per la piscina, la scuola di musica, il calcetto, il doposcuola e quant’altro in fretta e furia, sempre sulla corsia del sorpasso. Spesso i partner si incrociano solo con lo sguardo e ognuno ai propri sorpassi. Benedetto o maledetto tempo?

Il tempo e come lo impieghiamo ha il suo significato e valore sull’economia psichica tanto è vero che è uno dei concetti chiave dell’analisi transazionale dello psichiatra Erich Berne (1910 – 1970). L’aspetto significativo del tempo, per lo psichiatra Berne, è l’utilizzo che se ne fa allo scopo di ottenere «Carezza», quale necessità infantile di essere soddisfatto nei propri bisogni. Da adulti, affermò, noi aneliamo ancora a un contatto fisico, emotivo, psicologico, intimo; tuttavia impariamo anche a sostituirlo con altre forme di Riconoscimento a secondo di come si Struttura il tempo (Berne, E., Analisi transazionale e psicoterapia, ed. Astrolabio 1971).

Per evitare la noia, l’intimità, se stessi, le proprie ferite, le persone cercano un modo di strutturare il loro tempo nel tentativo di ricevere riconoscimenti/carezze. C’è chi, ad esempio per rilassarci, riposarci e recuperare energie, si ritira in isolamento, questo ci permette di essere più carichi e desiderosi di rientrare in contatto con gli altri come quando Gesù si ritira a pregare “Congedata la folla, salì sul monte, in disparte, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava lassù, da solo” (Mt 14,23).

Allo stesso modo di quando elargisce le beatitudini (P. Riccardi, Psicoterapia del cuore e Beatitudini ed. Cittadella 2018). E’ importante che questo ritiro sia limitato nel tempo, per non fare del ritiro l’isolamento che priva nella possibilità di ricevere carezze che possono contribuire all’insorgere della depressione. C’è chi si concede di stare tra la gente con il solo scopo di effettuare convenevoli rituali. “Fanno tutte le loro azioni per essere veduti dagli uomini” (Mt 15, 1 – 39). C’è chi, pur trovandosi in contesti emotivi, intellettuali, intimi utilizzano dell’intornismo su argomenti condivisibili senza mai coinvolgersi su di un focus, facendo trascorre il tempo della condivisione.

Un passatempo. “Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno” (Mt 5, 17-37), dice ancora Gesù. C’è chi si illude del tempo affogandosi nelle attività, un vero e proprio attivismo, che il più delle volte rende nervosi, esausti, stanchi perché non paghi di riconoscimenti e carezze ma illusi di avere trascorso il tempo.

Ed ancora Una volta l’insegnamento di Gesù è esemplare: Ed egli disse loro:  «Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po’» (Mc 6,30-34). C’è chi pur trovandosi in situazioni di disagio perdura, insiste, allo scopo di ottenere carezze e riconoscimento mentre ottiene svalutazioni. Un vero gioco psicologico dell’insistere. “Se qualcuno poi non vi accoglierà e non darà ascolto alle vostre parole, uscite da quella casa o da quella città e scuotete la polvere dai vostri piedi” (Mt 10, 5, 12-14), con queste parole suggerite ai discepoli, Gesù intende una difesa a non entrare in giochi psicologici di svalutazioni e non accoglienza.

Tutte trappole per evitare intimità, cuore di ogni sana relazione. In un sano rapporto intimo le persone sperimentano la propria vulnerabilità e godono della profonda apertura e condivisione di emozioni vere.

Probabilmente siamo assorbiti da una filosofia di vita che ha paura di stare in “disparte e riflettere” che la vita vale più di ogni altra preoccupazione del domani (Mt 6,24-34)

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